QUESTIONI DI METODO

Proseguendo nello sviluppo del "racconto", sempre a partire dalle linee generali (e per ciò stesso semplici, semplificate e si potrebbe pure dire semplicistiche) di cui sopra, possiamo introdurre i principali due filoni di ricerca che ci piacerebbe mettere assieme, interfacciare, contaminare al fine di proporre una teoria più completa del fenomeno disciplinare-carcerario.

Guardando con sguardo allargato ai filoni radicali presenti nella letteratura penologica possiamo così estrapolare i seguenti due particolari filoni di ricerca:

1- da un lato, quello che fa riferimento ad un'impostazione affermatasi come quella più "economicistica", "materialistica", "strutturalistica", etc. e che trova i suoi paradigmi nei testi di Georg Rusche ed Otto Kirchheimer ("Pena e struttura sociale", Il Mulino, Bologna 1978;
ed. orig. "Punishment and Social Structure", New York, Russel & Russel, 1968) e di Melossi e Pavarini ("Carcere e fabbrica, Alle origini del sistema penitenziario", Il Mulino, Bologna, 1982).

2- dall'altro, quella non propriamente marxista, anzi, affermatasi in chiave liberal, radical, etc. e che trova in Sutherland ("Il crimine dei colletti bianchi", Giuffrè, 1987) il suo campione.

Queste due visioni - da cui, tradizioni - non hanno trovato nel tempo forti motivi di dialogo: anzi, sono state rilette e riproposte o in maniera antitetica tra loro quasi fossero una la critica dell'altra, oppure in maniera semplicemente separata come fossero ipotesi di lettura incomunicabili tra loro sia quanto ad oggetto sia quanto a metodo sia quanto a valori (o teoria generale) di riferimento.

Qui si tratta di verificare l'ipotesi di una loro combinazione al fine di produrre una teoria più complessa e completa capace da un lato di liberare certo marxismo da una limitazione economico-strutturale e dall'altro di rifondare certo radicalismo entro una interpretazione più radicata nella materialità dei fatti che essa vuole interpretare.

Da un lato il riconoscimento della forza necessitante e condizionante della sfera dell'economia, dall'altro il riconoscimento della relativa autonomia, varietà e capacità di generare fenomenologie diversificate propria della sfera sovrastrutturale; in mezzo, una riconsiderazione del momento della politica e di qui del potere, del dominio, ma anche del conflitto e del confronto tra forze in campo (dominanti e dominati), che innerva sia la struttura che la sovrastruttura al punto da mostrarsi come la sua cerniera e quindi elemento di riconsiderazione dell'unità della totalità nella apparente diversità ed autonomia dei suoi elementi, campi, sfere.